Sah
2007-02-16 10:00:36 UTC
Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l?evasione fiscale
di Alberto Zanardi, docente di Scienza delle Finanze
Il contrasto di interessi viene spesso indicato come l?uovo di Colombo a
cui affidarsi per intraprendere finalmente con efficacia la lotta
all?evasione nel nostro Paese. Si tratterebbe di moltiplicare e rafforzare
i momenti in cui i soggetti coinvolti in una qualche transazione di mercato
sono posti in conflitto rispetto alle rispettive convenienze fiscali:
riconoscendo al compratore la possibilità di portare in
deduzione/detrazione dalle proprie imposte una parte consistente del valore
del bene o servizio acquistato, gli si dà un incentivo a farsi rilasciare
evidenza fiscale (fattura, ricevuta, scontrino) dell?avvenuta transazione
dal venditore, che viene quindi costretto a soddisfare i propri obblighi
fiscali. Il contrasto di interessi potrebbe avere anche delle ricadute
redistributive: anche qualora non garantissero risultati in termini di
contrasto all?evasione, le maggiori detrazioni/deduzioni fornirebbero uno
strumento di pressione in mano al compratore (il quale, non si dimentichi,
ha di per sé un interesse all?accordo collusivo, in quanto questo gli
permetterebbe di non pagare l?Iva a suo carico) per spuntare uno sconto più
alto dal venditore, consentendo in tal modo una redistribuzione
dei ?vantaggi? dell?evasione.
In realtà, come ho argomentato con Maria Cecilia Guerra in un articolo
recentemente pubblicato su www.lavoce.info (?Il contrasto di interessi
non è la soluzione all?evasione fiscale?, 20.11.2006), il contrasto di
interessi non può essere visto in alcun modo come strumento generale per
combattere l?evasione e alternativo ai più tradizionali sistemi di
controlli/sanzioni applicati dall?amministrazione finanziaria. La sua
portata rimane limitata, circoscritta soprattutto ai settori caratterizzati
da ampie sacche di sommerso totale.
L?apparente semplicità dello strumento non deve infatti portare a facili
entusiasmi sulla sua efficacia. Un po? di banale aritmetica chiarisce un
punto critico, tanto ovvio quanto apparentemente trascurato nel dibattito
corrente: se le autorità fiscali volessero rafforzare il contrasto di
interessi in misura tale da annullare totalmente la convenienza economica
dell?evasione, l?agevolazione fiscale riconosciuta ai contribuenti onesti
dovrebbe essere tale da annullare completamente il gettito dello Stato.
Supponiamo infatti che lo strumento prescelto per creare un contrasto di
interessi sia una detrazione fiscale a fronte della presentazione di una
fattura relativa alla spesa sostenuta. Venditore e compratore potrebbero
comunque mettersi d?accordo di non far emergere fiscalmente l?operazione:
il venditore pratica uno sconto adeguato e non dichiara i profitti
corrispondenti alla vendita e il compratore non richiede la fattura, più
che compensando con il non pagamento dell?Iva e con lo sconto la mancata
detrazione. Per ridurre la convenienza di questi possibili accordi
collusivi lo Stato potrebbe aumentare la detrazione. Tuttavia accordi
collusivi reciprocamente convenienti sono sempre possibili fino a quando vi
sia un qualche vantaggio collegato all?evasione (il gettito dello Stato) da
spartirsi. Solo se il gettito complessivo ottenuto dallo Stato in assenza
di evasione venisse annullato (e cioè se l?agevolazione riconosciuta al
compratore fosse uguale alla somma delle imposte dovute dal venditore e
dell?Iva dovuta dal compratore) il venditore non sarebbe più in grado di
proporre al compratore uno sconto sufficientemente elevato da poterlo
compensare, se accetta di evadere, per la rinuncia alla detrazione.
Ovviamente il ragionamento illustrato è fortemente semplificato perché non
tiene conto di altri fattori, al di là del mero vantaggio economico
immediato, che potrebbero spingere verso dichiarazioni veritiere, quali i
costi connessi all?evasione fiscale in termini di probabilità (e quindi
rischio) di essere sottoposti a controlli e di sanzioni previste in caso di
accertamento. E soprattutto non considera il ruolo critico che i valori
morali ed etici hanno nel determinare i comportamenti di obbedienza fiscale
dei contribuenti.
Questi fattori possono ridurre il guadagno atteso dall?evasione, sia da
parte del venditore che da parte del compratore. Il primo sarà disposto a
riconoscere al compratore, per invogliarlo all?evasione pur in presenza di
contrasto di interessi, uno sconto massimo inferiore a quello sopra
ipotizzato. Specularmente, il compratore, per colludere nell?evasione,
pretenderà dal venditore uno sconto minimo superiore. Complessivamente si
restringe l?intervallo dei possibili accordi collusivi che comportano
evasione e, di conseguenza, aumenta la possibilità per lo Stato di ottenere
un gettito positivo, pure al netto della deduzione/detrazione riconosciuta,
dai soggetti che in assenza di tali agevolazioni avrebbero scelto di
evadere.
In senso opposto, tuttavia, andrebbe considerato che il venditore, in caso
di dichiarazione veritiera, è soggetto ad altre imposte oltre all?Irpef
(come l?Irap) e, allo stesso tempo, che per il consumatore non è
indifferente ricevere subito uno sconto dal venditore in cambio di uno
sconto fiscale, rimandato al momento della dichiarazione, di non facile
quantificazione, e che richiede comunque costi in termini di adempimento
(conservazione ed esibizione della ricevuta). Fattori questi che ampliano
l?intervallo degli sconti vicendevolmente convenienti.
I margini per rafforzare la strategia del ricorso al contrasto di interessi
appaiono pertanto stretti. Una prospettiva di questo genere sarebbe
accettabile da parte dello Stato solo se i gettiti limitati o anche
negativi, risultanti da elevate aliquote di detrazione, fossero visti come
un costo (alternativo a quelli da sostenere per i controlli ordinari e
presumibilmente temporaneo) per far emergere imprese completamente
irregolari dal sommerso e far in modo quindi che, negli anni successivi,
quelle stesse imprese possano essere più agevolmente controllate con gli
strumenti tradizionali. Va aggiunto che questa emersione contribuirebbe a
dare maggiore veridicità agli aggregati macro-economici riducendo le
incertezze che attualmente pervadono la stima del prodotto nazionale
effettivo. Una strategia di questo tipo sembra del resto essere sottesa
alla detrazione fiscale del 36% riconosciuta ai contribuenti Irpef sui
lavori di ristrutturazione edilizia, cioè su un settore, quello delle
costruzioni, in cui il sommerso è particolarmente diffuso.
C?è infine un ultimo, ma credo decisivo, argomento che suggerisce di
limitare fortemente l?applicazione del contrasto di interessi: è un
meccanismo che può avere l?effetto di indebolire la moralità fiscale. La
logica del contrasto di interessi non sembra essere quella di rendere i
cittadini consapevoli dei danni sociali che discendono dall?evasione, né di
stimolare a comportamento onesti, bensì quella di ?comperare l?onestà?,
rendendola economicamente conveniente. Non sembra essere un grande passo
avanti nella moralizzazione del Paese.
di Alberto Zanardi, docente di Scienza delle Finanze
Il contrasto di interessi viene spesso indicato come l?uovo di Colombo a
cui affidarsi per intraprendere finalmente con efficacia la lotta
all?evasione nel nostro Paese. Si tratterebbe di moltiplicare e rafforzare
i momenti in cui i soggetti coinvolti in una qualche transazione di mercato
sono posti in conflitto rispetto alle rispettive convenienze fiscali:
riconoscendo al compratore la possibilità di portare in
deduzione/detrazione dalle proprie imposte una parte consistente del valore
del bene o servizio acquistato, gli si dà un incentivo a farsi rilasciare
evidenza fiscale (fattura, ricevuta, scontrino) dell?avvenuta transazione
dal venditore, che viene quindi costretto a soddisfare i propri obblighi
fiscali. Il contrasto di interessi potrebbe avere anche delle ricadute
redistributive: anche qualora non garantissero risultati in termini di
contrasto all?evasione, le maggiori detrazioni/deduzioni fornirebbero uno
strumento di pressione in mano al compratore (il quale, non si dimentichi,
ha di per sé un interesse all?accordo collusivo, in quanto questo gli
permetterebbe di non pagare l?Iva a suo carico) per spuntare uno sconto più
alto dal venditore, consentendo in tal modo una redistribuzione
dei ?vantaggi? dell?evasione.
In realtà, come ho argomentato con Maria Cecilia Guerra in un articolo
recentemente pubblicato su www.lavoce.info (?Il contrasto di interessi
non è la soluzione all?evasione fiscale?, 20.11.2006), il contrasto di
interessi non può essere visto in alcun modo come strumento generale per
combattere l?evasione e alternativo ai più tradizionali sistemi di
controlli/sanzioni applicati dall?amministrazione finanziaria. La sua
portata rimane limitata, circoscritta soprattutto ai settori caratterizzati
da ampie sacche di sommerso totale.
L?apparente semplicità dello strumento non deve infatti portare a facili
entusiasmi sulla sua efficacia. Un po? di banale aritmetica chiarisce un
punto critico, tanto ovvio quanto apparentemente trascurato nel dibattito
corrente: se le autorità fiscali volessero rafforzare il contrasto di
interessi in misura tale da annullare totalmente la convenienza economica
dell?evasione, l?agevolazione fiscale riconosciuta ai contribuenti onesti
dovrebbe essere tale da annullare completamente il gettito dello Stato.
Supponiamo infatti che lo strumento prescelto per creare un contrasto di
interessi sia una detrazione fiscale a fronte della presentazione di una
fattura relativa alla spesa sostenuta. Venditore e compratore potrebbero
comunque mettersi d?accordo di non far emergere fiscalmente l?operazione:
il venditore pratica uno sconto adeguato e non dichiara i profitti
corrispondenti alla vendita e il compratore non richiede la fattura, più
che compensando con il non pagamento dell?Iva e con lo sconto la mancata
detrazione. Per ridurre la convenienza di questi possibili accordi
collusivi lo Stato potrebbe aumentare la detrazione. Tuttavia accordi
collusivi reciprocamente convenienti sono sempre possibili fino a quando vi
sia un qualche vantaggio collegato all?evasione (il gettito dello Stato) da
spartirsi. Solo se il gettito complessivo ottenuto dallo Stato in assenza
di evasione venisse annullato (e cioè se l?agevolazione riconosciuta al
compratore fosse uguale alla somma delle imposte dovute dal venditore e
dell?Iva dovuta dal compratore) il venditore non sarebbe più in grado di
proporre al compratore uno sconto sufficientemente elevato da poterlo
compensare, se accetta di evadere, per la rinuncia alla detrazione.
Ovviamente il ragionamento illustrato è fortemente semplificato perché non
tiene conto di altri fattori, al di là del mero vantaggio economico
immediato, che potrebbero spingere verso dichiarazioni veritiere, quali i
costi connessi all?evasione fiscale in termini di probabilità (e quindi
rischio) di essere sottoposti a controlli e di sanzioni previste in caso di
accertamento. E soprattutto non considera il ruolo critico che i valori
morali ed etici hanno nel determinare i comportamenti di obbedienza fiscale
dei contribuenti.
Questi fattori possono ridurre il guadagno atteso dall?evasione, sia da
parte del venditore che da parte del compratore. Il primo sarà disposto a
riconoscere al compratore, per invogliarlo all?evasione pur in presenza di
contrasto di interessi, uno sconto massimo inferiore a quello sopra
ipotizzato. Specularmente, il compratore, per colludere nell?evasione,
pretenderà dal venditore uno sconto minimo superiore. Complessivamente si
restringe l?intervallo dei possibili accordi collusivi che comportano
evasione e, di conseguenza, aumenta la possibilità per lo Stato di ottenere
un gettito positivo, pure al netto della deduzione/detrazione riconosciuta,
dai soggetti che in assenza di tali agevolazioni avrebbero scelto di
evadere.
In senso opposto, tuttavia, andrebbe considerato che il venditore, in caso
di dichiarazione veritiera, è soggetto ad altre imposte oltre all?Irpef
(come l?Irap) e, allo stesso tempo, che per il consumatore non è
indifferente ricevere subito uno sconto dal venditore in cambio di uno
sconto fiscale, rimandato al momento della dichiarazione, di non facile
quantificazione, e che richiede comunque costi in termini di adempimento
(conservazione ed esibizione della ricevuta). Fattori questi che ampliano
l?intervallo degli sconti vicendevolmente convenienti.
I margini per rafforzare la strategia del ricorso al contrasto di interessi
appaiono pertanto stretti. Una prospettiva di questo genere sarebbe
accettabile da parte dello Stato solo se i gettiti limitati o anche
negativi, risultanti da elevate aliquote di detrazione, fossero visti come
un costo (alternativo a quelli da sostenere per i controlli ordinari e
presumibilmente temporaneo) per far emergere imprese completamente
irregolari dal sommerso e far in modo quindi che, negli anni successivi,
quelle stesse imprese possano essere più agevolmente controllate con gli
strumenti tradizionali. Va aggiunto che questa emersione contribuirebbe a
dare maggiore veridicità agli aggregati macro-economici riducendo le
incertezze che attualmente pervadono la stima del prodotto nazionale
effettivo. Una strategia di questo tipo sembra del resto essere sottesa
alla detrazione fiscale del 36% riconosciuta ai contribuenti Irpef sui
lavori di ristrutturazione edilizia, cioè su un settore, quello delle
costruzioni, in cui il sommerso è particolarmente diffuso.
C?è infine un ultimo, ma credo decisivo, argomento che suggerisce di
limitare fortemente l?applicazione del contrasto di interessi: è un
meccanismo che può avere l?effetto di indebolire la moralità fiscale. La
logica del contrasto di interessi non sembra essere quella di rendere i
cittadini consapevoli dei danni sociali che discendono dall?evasione, né di
stimolare a comportamento onesti, bensì quella di ?comperare l?onestà?,
rendendola economicamente conveniente. Non sembra essere un grande passo
avanti nella moralizzazione del Paese.