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Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l'evasione fiscale
(troppo vecchio per rispondere)
Sah
2007-02-16 10:00:36 UTC
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Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l?evasione fiscale
di Alberto Zanardi, docente di Scienza delle Finanze


Il contrasto di interessi viene spesso indicato come l?uovo di Colombo a
cui affidarsi per intraprendere finalmente con efficacia la lotta
all?evasione nel nostro Paese. Si tratterebbe di moltiplicare e rafforzare
i momenti in cui i soggetti coinvolti in una qualche transazione di mercato
sono posti in conflitto rispetto alle rispettive convenienze fiscali:
riconoscendo al compratore la possibilità di portare in
deduzione/detrazione dalle proprie imposte una parte consistente del valore
del bene o servizio acquistato, gli si dà un incentivo a farsi rilasciare
evidenza fiscale (fattura, ricevuta, scontrino) dell?avvenuta transazione
dal venditore, che viene quindi costretto a soddisfare i propri obblighi
fiscali. Il contrasto di interessi potrebbe avere anche delle ricadute
redistributive: anche qualora non garantissero risultati in termini di
contrasto all?evasione, le maggiori detrazioni/deduzioni fornirebbero uno
strumento di pressione in mano al compratore (il quale, non si dimentichi,
ha di per sé un interesse all?accordo collusivo, in quanto questo gli
permetterebbe di non pagare l?Iva a suo carico) per spuntare uno sconto più
alto dal venditore, consentendo in tal modo una redistribuzione
dei ?vantaggi? dell?evasione.
In realtà, come ho argomentato con Maria Cecilia Guerra in un articolo
recentemente pubblicato su www.lavoce.info (?Il contrasto di interessi
non è la soluzione all?evasione fiscale?, 20.11.2006), il contrasto di
interessi non può essere visto in alcun modo come strumento generale per
combattere l?evasione e alternativo ai più tradizionali sistemi di
controlli/sanzioni applicati dall?amministrazione finanziaria. La sua
portata rimane limitata, circoscritta soprattutto ai settori caratterizzati
da ampie sacche di sommerso totale.
L?apparente semplicità dello strumento non deve infatti portare a facili
entusiasmi sulla sua efficacia. Un po? di banale aritmetica chiarisce un
punto critico, tanto ovvio quanto apparentemente trascurato nel dibattito
corrente: se le autorità fiscali volessero rafforzare il contrasto di
interessi in misura tale da annullare totalmente la convenienza economica
dell?evasione, l?agevolazione fiscale riconosciuta ai contribuenti onesti
dovrebbe essere tale da annullare completamente il gettito dello Stato.
Supponiamo infatti che lo strumento prescelto per creare un contrasto di
interessi sia una detrazione fiscale a fronte della presentazione di una
fattura relativa alla spesa sostenuta. Venditore e compratore potrebbero
comunque mettersi d?accordo di non far emergere fiscalmente l?operazione:
il venditore pratica uno sconto adeguato e non dichiara i profitti
corrispondenti alla vendita e il compratore non richiede la fattura, più
che compensando con il non pagamento dell?Iva e con lo sconto la mancata
detrazione. Per ridurre la convenienza di questi possibili accordi
collusivi lo Stato potrebbe aumentare la detrazione. Tuttavia accordi
collusivi reciprocamente convenienti sono sempre possibili fino a quando vi
sia un qualche vantaggio collegato all?evasione (il gettito dello Stato) da
spartirsi. Solo se il gettito complessivo ottenuto dallo Stato in assenza
di evasione venisse annullato (e cioè se l?agevolazione riconosciuta al
compratore fosse uguale alla somma delle imposte dovute dal venditore e
dell?Iva dovuta dal compratore) il venditore non sarebbe più in grado di
proporre al compratore uno sconto sufficientemente elevato da poterlo
compensare, se accetta di evadere, per la rinuncia alla detrazione.
Ovviamente il ragionamento illustrato è fortemente semplificato perché non
tiene conto di altri fattori, al di là del mero vantaggio economico
immediato, che potrebbero spingere verso dichiarazioni veritiere, quali i
costi connessi all?evasione fiscale in termini di probabilità (e quindi
rischio) di essere sottoposti a controlli e di sanzioni previste in caso di
accertamento. E soprattutto non considera il ruolo critico che i valori
morali ed etici hanno nel determinare i comportamenti di obbedienza fiscale
dei contribuenti.
Questi fattori possono ridurre il guadagno atteso dall?evasione, sia da
parte del venditore che da parte del compratore. Il primo sarà disposto a
riconoscere al compratore, per invogliarlo all?evasione pur in presenza di
contrasto di interessi, uno sconto massimo inferiore a quello sopra
ipotizzato. Specularmente, il compratore, per colludere nell?evasione,
pretenderà dal venditore uno sconto minimo superiore. Complessivamente si
restringe l?intervallo dei possibili accordi collusivi che comportano
evasione e, di conseguenza, aumenta la possibilità per lo Stato di ottenere
un gettito positivo, pure al netto della deduzione/detrazione riconosciuta,
dai soggetti che in assenza di tali agevolazioni avrebbero scelto di
evadere.
In senso opposto, tuttavia, andrebbe considerato che il venditore, in caso
di dichiarazione veritiera, è soggetto ad altre imposte oltre all?Irpef
(come l?Irap) e, allo stesso tempo, che per il consumatore non è
indifferente ricevere subito uno sconto dal venditore in cambio di uno
sconto fiscale, rimandato al momento della dichiarazione, di non facile
quantificazione, e che richiede comunque costi in termini di adempimento
(conservazione ed esibizione della ricevuta). Fattori questi che ampliano
l?intervallo degli sconti vicendevolmente convenienti.
I margini per rafforzare la strategia del ricorso al contrasto di interessi
appaiono pertanto stretti. Una prospettiva di questo genere sarebbe
accettabile da parte dello Stato solo se i gettiti limitati o anche
negativi, risultanti da elevate aliquote di detrazione, fossero visti come
un costo (alternativo a quelli da sostenere per i controlli ordinari e
presumibilmente temporaneo) per far emergere imprese completamente
irregolari dal sommerso e far in modo quindi che, negli anni successivi,
quelle stesse imprese possano essere più agevolmente controllate con gli
strumenti tradizionali. Va aggiunto che questa emersione contribuirebbe a
dare maggiore veridicità agli aggregati macro-economici riducendo le
incertezze che attualmente pervadono la stima del prodotto nazionale
effettivo. Una strategia di questo tipo sembra del resto essere sottesa
alla detrazione fiscale del 36% riconosciuta ai contribuenti Irpef sui
lavori di ristrutturazione edilizia, cioè su un settore, quello delle
costruzioni, in cui il sommerso è particolarmente diffuso.
C?è infine un ultimo, ma credo decisivo, argomento che suggerisce di
limitare fortemente l?applicazione del contrasto di interessi: è un
meccanismo che può avere l?effetto di indebolire la moralità fiscale. La
logica del contrasto di interessi non sembra essere quella di rendere i
cittadini consapevoli dei danni sociali che discendono dall?evasione, né di
stimolare a comportamento onesti, bensì quella di ?comperare l?onestà?,
rendendola economicamente conveniente. Non sembra essere un grande passo
avanti nella moralizzazione del Paese.
ZigZag
2007-02-16 13:45:38 UTC
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"Sah" <***@sah.no> ha scritto nel messaggio news:45d580ab$0$10627$***@reader2.news.tin.it...

[CUT]

per una volta condivido al 100% uno scritto riportato da Sah
Luciano
2007-02-16 14:09:42 UTC
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Post by ZigZag
[CUT]
per una volta condivido al 100% uno scritto riportato da Sah
Anche io!
Sah
2007-02-16 14:58:06 UTC
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Post by Luciano
Post by ZigZag
[CUT]
per una volta condivido al 100% uno scritto riportato da Sah
Anche io!
dai,va bene che è carnevale,ma adesso basta! ;)
R.L. Deboni
2007-02-16 21:48:50 UTC
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Mi dispiace per il suo imbarazzo, :-)
ma mi devo associare.

R.L.Deboni
Post by Sah
dai,va bene che è carnevale,ma adesso basta! ;)
baldun
2007-02-16 22:17:50 UTC
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Post by Sah
Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l?evasione fiscale
di Alberto Zanardi, docente di Scienza delle Finanze
Pare che i Italia cominci a prendere piede una coscienza economica
seria e la si smette con le "leggende economiche metropolitane".

Sull'argomento vedi anche l'articolo sulla www.lavoce.info

con un pargrafo intitolato "Non c'era una volta in America" dove si
distrugge il mito di un sistema USA dove si detrae tutto. Famoso
cavallo di battaglia di Bossi e Tabacci.


http://www.lavoce.info/news/view.php?SEARCH=una+volta+in+america&AUTHOR=&DATE=all&RECORD_PAGE=5&ACTION=search&BUTTON=T+r+o+v+a&id=2&cms_pk=2452&from=index&id=2&cms_pk=2452&n_page=2&id=2&cms_pk=2452&n_page=3
R.L. Deboni
2007-02-16 22:29:46 UTC
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Colgo l'occasione per collegarmi indirettamente sugli effetti della
cosidetta lotta all'evasione.

Da alcuni mesi sono tornato ad interessarmi per rientrare in attivita'
professionale. E sono rimasto sorpreso dal cambiamento del tessuto dei
lavoratori autonomi come lo avevo lasciato.
In altre parole, quello che ho visto mi fa dire che, almeno tra chi e'
regolarizzato (iscritto alla CCIAA, INPS, INAIL, Albi vari, etc.),
l'evasione di fatto e' diventato un fatto marginale. La cosa sarebbe
dovuta essere una sorpresa positiva, se non fosse per un piccolo neo.
Questo neo e', scusate i termini, la prova provata di quanto affermo.
Molti che conoscevo hanno cessato l'attivita', o sono espatriati, o
lavorano come dipendenti, o hanno seguito altre vie.
Eppure, mi direte: la disponibilita' di idraulici, elettricisti, edili,
etc. non e' diminuita. E' vero, ma solo se includiamo coloro che
lavorano in nero (cioe' non risultano iscritti ad alcunche' oppure
lavorano solo di facciata appoggiandosi a qualche prestanome - ex
impresari ormai fuori attivita' o trafficoni).
Bhe' non e' la solita storia ? Mi direte, i soli evasori.
Si, ma c'e' una differenza, non sono italiani, ma albanesi, rumeni,
marocchini, nigeriani, etc. ...
Corollario ? Che all'interno di ogni categoria, per coloro, la cui
redditivita' era inferiore alla mediana (pensiamo a quella indicata dai
studi di settore), stante il cruento sistema fiscale italiano,
l'evasione fiscale era fisiologica per potere soppravvivere.
Come e' possibile ? Perche' in realta' era una evasione fiscale
"nominale", ma, non una evasione reale.
Senza dilungarmi, mi spiego con un caso: un'artigiano si lamentava che
non c'e' la faceva piu' a pagare le tasse. A domanda, mi riferiva che,
seguendo le "istruzioni" del commercialista, si era adeguato agli studi
di settore. Io allora, cominciando a capire la sua situazione (lavoro al
minimo, dipendenti da mantenere anche a vuoto, fatture ormai inevitabili
a causa di detrazioni fiscali e certificazioni o dichiarazioni di
conformita' (come si fa non fatturare quando si devono rilasciare
documentazione sul lavoro fatto ?), gli dico: "ma che problemi hai,
passa in contabilita' ordinaria. Da oggi paghi tasse sul reddito reale.
E se sei in perdita non paghi niente."
Non mi risponde, ma alcuni giorni dopo mi dice: "Ho chiesto al
commercialista e mi ha detto che appena passo in contabilita' ordinaria
mi trovo subito l'ispezione fiscale che mi controlla tutta la
contabilita' degli ultimi dieci anni." Mi riferisce che ha chiesto in
giro ed alcuni colleghi gli hanno confermato che qualche malcapitato che
ci ha provato ha veramente subito questa verifica fiscale che sembra
automatica. Io non so che cosa abbia da nascondere negli ultimi dieci
anni, ma so per certo che questo artigiano non vive nell'oro. E'
evidente quindi che fino a che poteva, l'artigiano:
a) restava nell'opzione "studi di settore"
b) nominalmente doveva pagare quanto indicato secondo i parametri degli
"studi di settore"
c) cercava di fare nero per potere abbassare i parametri con riferimento
allo studio di settore onde pagare meno tasse
d) se pero' avesse applicato la contabilita' ordinaria (che e' la
situazione reale, e non uno specchio indicativo, della redditivita')
avrebbe dovuto pagare meno tasse di quanto indicato dagli studi di settore
Conclusione, quando il punto c) ha raggiunto il livello "zero" o quasi,
non c'era piu' alcun interesse oggettivo a continuare l'attivita'. Si
licenziava gli operai (peraltro ormai gia' rumeni ed albanesi) e si
chiudeva.

In altre parole, l'effetto di questo tipo di lotta all'evasione fiscale
in realta' sta espellando il lavoro italiano dai settori di lavoro
autonomo e rimpiazzandolo con lavoro extracomunitario. E si noti bene,
non si tratta di lavoro sottopagato: prendono al netto quanto chi e' in
regola, semplicemente evadendo tutto, dall'IVA alle tasse ai contributi.
E possono farlo senza conseguenze, perche' non hanno interesse, ne'
intenzione di restare in Italia, ma solo quello di accumulare abbastanza
da pagarsi la casa e' un po' di campi, nella propria terra.

Cosa significa questo per il "sistema Italia" ? Un disastro. Perche' non
e' che i lavoratori autonomi "espulsi" scompaiono, restano in Italia,
hanno anche una anzianita' pensionistica e vanno quindi sostenuti. Solo
che non c'e' nessuno (o pochi) che paga contributi per loro e visto
l'invenzione dell'INPS di far quadrare i conti non con le rendite dei
versamenti contributivi storici, ma con i versamenti attuali, la cosa e'
grave. Molto grave.

Questo mi ricorda una storia (o una favola) ove tanto fecero finche' non
ammazzarono il mulo, per poi guardarsi in faccia e dire: e adesso ?

R.L.Deboni
Post by Sah
Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l?evasione fiscale
di Alberto Zanardi, docente di Scienza delle Finanze
...snip... [ma condiviso]
Matteo
2007-02-17 07:07:11 UTC
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Post by R.L. Deboni
Cosa significa questo per il "sistema Italia" ? Un disastro.
Per i fascisti e i razzisti certamente.
Per gli economisti che sanno che il "sistema Italia" è un sottoinsieme del
"sistema Europa", che ormai comprende anche Bulgaria e Romania ed è tuttora
in espansione, è un'opportunità.
Ogni tanto viene voglia di chiedere l'istituzione di centri di rieducazione
per commercialisti che inventano balle per lavorare meno e guadagnare di
più.
Il problema vero è che l'italiano medio è statalista, ma se il sig. Stato
chiede soldi, lo statalista considera "legittima difesa" non darglieli.
Perciò s'inventano trucchi, invece che cercare di diffondere il modo di
pensare svedese. Anche loro sono statalisti, ma non dare soldi (e tanti)
allo Stato lo considerano il peggiore dei crimini.
Sah
2007-02-18 18:11:58 UTC
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Post by Matteo
Post by R.L. Deboni
Cosa significa questo per il "sistema Italia" ? Un disastro.
Per i fascisti e i razzisti certamente.
condordo.. :)
R.L. Deboni
2007-02-19 16:28:30 UTC
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Post by Matteo
Per i fascisti e i razzisti certamente.
Per gli economisti che sanno che il "sistema Italia" è un sottoinsieme del
"sistema Europa", che ormai comprende anche Bulgaria e Romania ed è tuttora
in espansione, è un'opportunità.
Questo post mi era sfuggito. Mi ricorda gli slogan di una certa sinistra
imperante in Italia, ipocrita e falsa. A parole per il diritto,
l'uguaglianza, le pari opportunita'. Ma pronta a cestinare tutto questo
quando vede un'interesse elettorale.
Io scrivo:
"E si noti bene, non si tratta di lavoro sottopagato: prendono al netto
quanto chi e' in regola, semplicemente evadendo tutto, dall'IVA alle
tasse ai contributi."
E mi si risponde con "fascista e razzista" (non sono neanche di colore
diverso, percio' il razzismo suppongo e' inteso in puro significato etnico).
Siamo al livello del sindaco "sinistro" di Bologna che ha inteso una
volta delimitare gli spazi riservati ai "vu-compra" completamente
indifferente al fatto che operano al di fuori della legalita' fiscale,
evadendo IVA ed imposte sui redditi (come se chi non e' italiano, e non
e' una multinazionale amerikana, fosse esentato di diritto dal pagare le
imposte sui redditi). E se qualcuno si azzardava a sollevare dei dubbi
su tale decisione che andava a sancire una permanente illegalita',
subito a gridarli dietro che era un razzista (visto che normalmente i
vu-compra sono scuri di pelle).
Ed i scuri di pelle hanno capito rapidamente il trucco, ed oggi si
mettono ad urlare del razzista, se uno si azzarda a dirgli di non
saltare la fila, di pagare il biglietto in autobus, di non urlare a
squarciagola dopo certe ore. Peccato che con me non attacca, visto che
non sono razzista, percio' non ho alcuna remora a rispondere per le
rime, spiazzandoli perche' nella risposta li tratto esattamente come
tratterei un'italiano che facesse le stesse cose.
Post by Matteo
Ogni tanto viene voglia di chiedere l'istituzione di centri di rieducazione
per commercialisti che inventano balle per lavorare meno e guadagnare di
più.
Giocano in casa, perche' solo chi frequenta regolarmente gli uffici si
accorge che e' cambiata l'aria. Purtroppo la maggior parte dei
contribuenti a suo tempo, per un fenomeno di rigetto si e' rassegnata a
lasciare gestire le loro posizioni da mercenari prezzolati, ed oggi,
anche se non e' piu' necessario, non sanno che non e' piu' necessario.
E naturalmente i commercialisti continuano a seminare le paure che
all'inizio hanno creato il boom del mercato del tributarista.

Ai contribuenti, non evasori, ma anche ex-evasori, faccio un'appello
alla loro intelligenza. Facciano i conti di quanto pizzo versano ogni
anno al commercialista. E considerino che oltre allo Statuto del
Contribuente, oltre al diverso atteggiamento dei funzionari (almeno qui
al Nord) c'e' stata una piccola, quasi banale, modifica, ormai vecchia
di oltre un decennio che e' il "ravvedimento operoso". Cioe' se, come
nella vita puo' accadere, ci si accorge di avere sbagliato PRIMA
dell'accertamento, di avere pagato meno imposte, e' possibile sanare
l'errore ed evitare l'accertamento pagando una penale minima.
Questa piccola misura in un colpo solo, elimina il timore principale di
contenzioso per molti contribuenti. Infatti, prima dell'introduzione del
ravvedimento operoso, non c'era verso, se ci si era dimenticati di un
versamento, fatto un'errore nei conti, etc. si doveva inesorabilmente
aspettare il punitivo accertamento, impossibilitati a sanare in
qualsiasi modo questo errore.
Questo non e' piu', il rapporto tra amministrazione finanziaria e
contribuente e' veramente basta sulla buona fede reciproca, anche a
livello dispositivo. E che dire del diritto di interpello, altra misura
che elimina l'obbligo/necessita' di dipendere da un commercialista ?

Insomma, quante sanzioni residue (qualche errore formale, penale ed
interessi del ravvedimento operoso, etc) si possono pagare con i soldi
che oggi si versano al commercialista ?

E quanti contribuenti sanno che oggi agli uffici ci si va per
appuntamento (se si vuole) e non faccendo code chilometriche ?

Ma c'e' un motivo piu' serio per valutare l'opportunita' se continuare o
meno il rapporto con il commercialista. Si e' creata un conflitto di
interessi: il commercialista non ha interesse ad informare il
contribuente di ogni riduzione e semplificazione formale, dei nuovi
servizi di sportello su appuntamento, della compilazione gratuita
direttamente da parte di procedure e funzionari della finanza (quale
migliore garanzia della correttezza ?) etc, perche' teme di perdere il
cliente. Infatti non tutti i clienti si rivolgono al commercialista
perche' vogliono delegare la gestione fiscale, ma perche' non ci vedono
alternative (almeno in base alle loro obsolete informazioni).

A proposito, chissa' perche', ma ho la sensazione che, se su questo NG
mi scrivono che al Sud la situazione non e' cambiata, che e' la solita
merda di sempre, penso che probabilmente e' vero ?
Post by Matteo
Il problema vero è che l'italiano medio è statalista, ma se il sig. Stato
chiede soldi, lo statalista considera "legittima difesa" non darglieli.
Questa mentalita' schizofrenica ha qualcosa che ricorda molto della
cultura tipicamente cattolica.
Post by Matteo
Perciò s'inventano trucchi, invece che cercare di diffondere il modo di
pensare svedese. Anche loro sono statalisti, ma non dare soldi (e tanti)
allo Stato lo considerano il peggiore dei crimini.
Ci sono due strade da prendere quando l'amministrazione pubblica spreca
i soldi dello Stato (cioe' della collettivita').

a) cercare di sfuggire alle tasse, soluzioni egoistica del tipo, non ne
ne' frega se lo Stato getta i soldi dalla finestra, basta che non siano
i miei

b) pagare le tasse ed in cambio pretendere, lottare, votare etc, perche'
siano spesi oculatamente e con diligenza

Lo svedese, forse perche' protestante, preferisce la seconda opzione.
Il cattolicissimo (statisticamente parlando) italiano pare preferire
l'opzione a) dimostrando quanto poco civismo possiede (e torniamo
all'educazione civica ...).

R.L.Deboni
Luciano
2007-02-17 18:53:55 UTC
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Post by R.L. Deboni
Senza dilungarmi, mi spiego con un caso: un'artigiano si lamentava che
non c'e' la faceva piu' a pagare le tasse. A domanda, mi riferiva che,
seguendo le "istruzioni" del commercialista, si era adeguato agli studi
di settore. Io allora, cominciando a capire la sua situazione (lavoro al
minimo, dipendenti da mantenere anche a vuoto, fatture ormai inevitabili
a causa di detrazioni fiscali e certificazioni o dichiarazioni di
conformita' (come si fa non fatturare quando si devono rilasciare
documentazione sul lavoro fatto ?), gli dico: "ma che problemi hai,
passa in contabilita' ordinaria. Da oggi paghi tasse sul reddito reale.
E se sei in perdita non paghi niente."
Se non mi sbaglio, anche in contabilità ordinaria c'è la necessità di
adeguarsi agli studi di settore, salvo fornire una prova, difficilissima,
che ci si trova in condizioni speciali al punto da rendere irrealistici, nel
proprio caso concreto, gli studi di settore.
Per i contribuenti in contabilità ordinaria l'adeguamento era necessario in
due anni su tre consecutivi. In uno degli ultimi provvedimenti mi pare che
anche per i contribuenti in contabilità ordinaria sia stata stabilità la
necessità di adeguarsi ogni anno.
R.L. Deboni
2007-02-18 02:53:06 UTC
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Non inventiamoci storie. Esiste ancora in Italia la legge. O no ?

La contabilita' ordinaria non e' qualcosa che l'amministrazione fiscale
puo' interpretare o distorcere. La contabilita' ordinaria vale di fronte
al giudice salvo prova contraria. E se la guardia di finanza non trova
prova contraria, gli studi di settore se li possono mettere in quel posto.
Altra cosa, se lei vuole dire che l'amministrazione pubblica usa i
criteri degli studi di settore per decidere se esercitare la
persecuzione di controlli ripetuti. Ma a questo poi c'e' le possibilita'
di rivolgersi alla magistratura per far terminare l'ostinazione
persecutoria oltre ogni limite di certi funzionari.

Non pensi che solo perche' lei e' abituato a trattare con evasori, che
tutti lo siano. Al di fuori della contabilita' ordinaria si e' nelle
mani dell'amministrazione pubblica, perche' tutte le deroghe alla tenuta
dettagliata di entrate ed uscite per calcolare l'effettivo reddito sono
per forza una specie di patto con il diavolo.

Ma non mi dica che in questo paese siamo arrivati al punto che anche la
magistratura non tutela piu' chi documenta dettagliatamente e
minuziosamente lo stato della propria attivita' !!! Personalmente, in
dieci anni di contabilita' ordinaria non ho mai avuto problemi, eppure
ho avuto svariati anni CONSECUTIVI in perdita. Come la mettiamo con gli
studi di settore in questo caso ? In teoria se si e' in perdita, si
dovrebbe essere evasori ? E' questo che intende dire ?

Prova difficilissima ? Queste sono le fatture di acquisto, queste sono
le fatture di vendita, queste sono le spese, etc. Quale prova
difficilissima ? Ma che siamo impazziti ?
Giustificare l'incapacita' dei commerciali ?
Giustificare gli sprechi dell'ufficio acquisti ?
Giustificare la difficolta' ad ottenere prezzi adeguati ?
Giustificare imprevisti aumenti delle materie prime ?
Giustificare errori di progettazione, sottovalutazione degli oneri
accessori, troppi resi in garanzia ?
Giustificara anche la banale sfortuna (ha il suo peso sul successo o
meno, specie in settori ove c'e' un'alta concorrenza, conoscere una
persona giusta puo' fare la differenza tra l'inedia ed uno sviluppo
vigoroso) ? (*)
Ma mi faccia il piacere.
Io quando vado negli uffici, ci vado a testa alta, perche' rispetto la
legge e percio' pretendo che si rispetti la legge, ovvero i miei
diritti. Solo gli evasori hanno da temere i controlli fiscali, non chi
tiene una regolare contabilita' ordinaria, indipendentemente dal
risultato economico dell'attivita'.

C'e' una tale voglia di imporre esami, concorsi, etc in questo paese, da
intendere gli studi di settore come una specie di esame con eventuale
condanna a morte di una attivita' economica. O parafrasando il
significato delle affermazioni di certi individui (che per me sono
loschi nella loro poverta' morale): se il titolare non guadagna di piu'
dei suoi operai, l'attivita' deve cessare ? E mi fermo qui, perche' la
logica di questa mentalita' e' disgustosa, legata solo alla ricerca di
un benessere materiale, priva e nemica di ogni ricerca di soddisfazioni
personali, di crescita intellettuale e morale, di aiuto verso chi non e'
capace, ...

Mi domando come mai i commercialisti in Italia ci tengono cosi' tanto a
tenere i loro clienti alla larga dalla contabilita' ordinaria che mi
pare, invece, in altri paesi, e' considerata diversamente ?

Perche' ho il forte sospetto che ci sia una combutta tra commercialisti
e fisco perche' con la contabilita' ordinaria la maggior parte di
artigiani e commercianti scoprirebbero che non avrebbero bisogno di
evadere per soppravvivere ? Che dovrebbero semplicemente raccogliere in
modo certosino tutte le pezze giustificative per quadrare i conti ?

R.L.Deboni
Post by Luciano
Se non mi sbaglio, anche in contabilità ordinaria c'è la necessità di
adeguarsi agli studi di settore, salvo fornire una prova, difficilissima,
che ci si trova in condizioni speciali al punto da rendere irrealistici, nel
proprio caso concreto, gli studi di settore.
Per i contribuenti in contabilità ordinaria l'adeguamento era necessario in
due anni su tre consecutivi. In uno degli ultimi provvedimenti mi pare che
anche per i contribuenti in contabilità ordinaria sia stata stabilità la
necessità di adeguarsi ogni anno.
Matteo
2007-02-18 07:31:22 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
Non inventiamoci storie. Esiste ancora in Italia la legge. O no ?
Tra le leggi esiste anche lo statuto del contribuente. A quanto pare i
contribuenti non si sono mai sognati di leggerlo. Eppure l'amministrazione
non lo nasconde affatto.
R.L. Deboni
2007-02-18 10:49:08 UTC
Permalink
Giusto, mi ero dimenticato.

Dallo Statuto:

http://www.agenziaentrate.it/ilwwcm/connect/Nsi/Documentazione/Pubblicazioni/Le+guide+dell%27Agenzia/Guide+anni+precedenti/2004/Annuario+del+contribuente+2004/Lo+statuto+del+contribuente/Diritti+del+Contribuente

alcuni punti che mi pare tocchino l'argomento (con riferimento ad
accertamenti e loro conseguenze ANCHE per lo Stato).

"Diritto alla chiarezza e alla motivazione degli atti

Tutti gli atti di accertamento o liquidazione dei tributi devono essere
motivati.
La motivazione dell’atto deve indicare i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che lo hanno determinato; se la motivazione fa
riferimento ad un altro atto non conosciuto e non ricevuto dal
contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama salvo
che quest’ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.
L’atto è nullo se non sono osservate queste disposizioni (art. 7, comma 1).
Viene ribadito l’obbligo dell’indicazione negli atti, compresi quelli
dei concessionari della riscossione, delle autorità a cui ricorrere, dei
termini e modalità del ricorso, dell’organo competente a riesaminare
l’atto in sede di autotutela (organo che peraltro si identifica, come è
noto, con lo stesso ufficio che ha emesso l’atto)."

"Diritto all'integrità patrimoniale

Quando si accerta in modo definitivo che l’imposta non era dovuta o era
dovuta in MISURA MINORE di quella accertata, il fisco è tenuto a
rimborsare il costo della fideiussione che il contribuente ha dovuto
chiedere per ottenere la sospensione del pagamento, la rateizzazione o
il rimborso (art. 8, c. 4)."

Notare quella "MISURA MINORE", il che vuol dire che gli uffici d'ora in
poi devono stare attenti anche all'ammontare dell'accertamento. Insomma,
non possono piu' sparare impunentemente cifre globali, ma devo
diligentemente scorporare la vera evasione (eventuale).

"Diritto al rispetto della buona fede

I rapporti tra contribuente e amministrazione sono improntati al
principio della collaborazione e della buona fede.
Non sono irrogate sanzioni al contribuente che ha seguito le indicazioni
dell’amministrazione o in relazione a comportamenti derivati da ritardi,
omissioni od errori dell’amministrazione (art. 10, cc. 1 e 2)."

Questo della "buona fede" e' importantissimo, perche' taglia in partenza
alle gambe qualsiasi atteggiamento dei funzionari che implichi una
qualcosa del tipo: "Lei e' sicuramente un'evasore, non abbiamo ancora
trovato cosa, ma qualcosa ha evaso". Solo una implicazione del genere
e' sufficiente a fornire elementi per presentare ricorso per
comportamenti pregiudizievoli e tendenziosi del funzionari che
gestisce la pratica.

"Norme interpretative

Il ricorso a norme interpretative in materia tributaria è ammesso solo
in casi eccezionali e con legge ordinaria (art. 1, c. 2)."

Non mi e' chiaro se questo ha effetti sulla validita' delle circolari
quando siano "interpetazione" della materia tributaria. Mi parebbe
strano che il legislatore sia vincolato a non "interpretare" e organo
amministrativo, come gli uffici fiscali, invece si'.


Almeno nella mia provincia, l'atteggiamento dei funzionari nell'ultimo
decennio e' diverso, piu' collaborativo, cercano una soluzione dei
problemi quando si presentano e non il pelo sull'uovo (come invece
accadeva una volta).

Percio' frasi come questa:
"anche in contabilità ordinaria c'è la necessità di adeguarsi agli studi
di settore, salvo fornire una prova, DIFFICILISSIMA ..."

possono qualificarsi come puro terrorismo fiscale.
Qui prodest ?

R.L.Deboni
Post by Matteo
Tra le leggi esiste anche lo statuto del contribuente. A quanto pare i
contribuenti non si sono mai sognati di leggerlo. Eppure l'amministrazione
non lo nasconde affatto.
Matteo
2007-02-18 11:24:06 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
"anche in contabilità ordinaria c'è la necessità di adeguarsi agli
studi di settore, salvo fornire una prova, DIFFICILISSIMA ..."
possono qualificarsi come puro terrorismo fiscale.
Qui prodest ?
Forzitaglia? Nani e ballerine? Evasori per principio (anche quando non
conviene)?
Un esempio di conflitto d'interesse è la L. 46/90, confluita poi nel testo
unico per l'edilizia.
Se l'idraulico fa un lavoro deve certificarlo. Se non certifica e il
compratore è attento, la casa perde valore (anche notevolmente) e il minor
valore può essere fonte di guai anche dopo l'acquisto.
Quindi risparmiare l'Iva non conviene (anche per altri motivi, se il lavoro
non è perfetto).
In Olanda e in Germania sono crucchi e funziona. Ma funziona anche in
Francia, dove sono più latini di noi.
In Italia no. Sarà infestata da pezzenti imprevidenti, oltre che da
mediatori immobiliari con albo?
Forse no.
Ma i pezzenti imprevidenti urlano più forte (forzitaglia ha una scuola dove
insegnano come non far sentire ciò che dicono gli avversari, anche nelle più
miserabili TV locali), prendono tanti voti e sembrano di più.
Luciano
2007-02-18 22:40:40 UTC
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Post by R.L. Deboni
alcuni punti che mi pare tocchino l'argomento (con riferimento ad
accertamenti e loro conseguenze ANCHE per lo Stato).
"Diritto alla chiarezza e alla motivazione degli atti
Tutti gli atti di accertamento o liquidazione dei tributi devono essere
motivati.
La motivazione dell'atto deve indicare i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che lo hanno determinato; se la motivazione fa
riferimento ad un altro atto non conosciuto e non ricevuto dal
contribuente, questo deve essere allegato all'atto che lo richiama salvo
che quest'ultimo non ne riproduca il contenuto essenziale.
L'atto è nullo se non sono osservate queste disposizioni (art. 7, comma
1).
Post by R.L. Deboni
Viene ribadito l'obbligo dell'indicazione negli atti, compresi quelli
dei concessionari della riscossione, delle autorità a cui ricorrere, dei
termini e modalità del ricorso, dell'organo competente a riesaminare
l'atto in sede di autotutela (organo che peraltro si identifica, come è
noto, con lo stesso ufficio che ha emesso l'atto)."
"Diritto all'integrità patrimoniale
Quando si accerta in modo definitivo che l'imposta non era dovuta o era
dovuta in MISURA MINORE di quella accertata, il fisco è tenuto a
rimborsare il costo della fideiussione che il contribuente ha dovuto
chiedere per ottenere la sospensione del pagamento, la rateizzazione o
il rimborso (art. 8, c. 4)."
Notare quella "MISURA MINORE", il che vuol dire che gli uffici d'ora in
poi devono stare attenti anche all'ammontare dell'accertamento. Insomma,
non possono più sparare impunemente cifre globali, ma devo
diligentemente scorporare la vera evasione (eventuale).
"Diritto al rispetto della buona fede
I rapporti tra contribuente e amministrazione sono improntati al
principio della collaborazione e della buona fede.
Non sono irrogate sanzioni al contribuente che ha seguito le indicazioni
dell'amministrazione o in relazione a comportamenti derivati da ritardi,
omissioni od errori dell'amministrazione (art. 10, cc. 1 e 2)."
Questo della "buona fede" e' importantissimo, perché taglia in partenza
alle gambe qualsiasi atteggiamento dei funzionari che implichi una
qualcosa del tipo: "Lei e' sicuramente un evasore, non abbiamo ancora
trovato cosa, ma qualcosa ha evaso". Solo una implicazione del genere
e' sufficiente a fornire elementi per presentare ricorso per
comportamenti pregiudizievoli e tendenziosi del funzionari che
gestisce la pratica.
"Norme interpretative
Il ricorso a norme interpretative in materia tributaria è ammesso solo
in casi eccezionali e con legge ordinaria (art. 1, c. 2)."
Non mi e' chiaro se questo ha effetti sulla validità delle circolari
quando siano "interpretazione" della materia tributaria. Mi parrebbe
strano che il legislatore sia vincolato a non "interpretare" e organo
amministrativo, come gli uffici fiscali, invece si'.
Il motivo di questa disposizione sulle norme interpretative è il seguente.
Le norme interpretative hanno efficacia retroattiva, le norme innovative non
possono averla (anche se poi vediamo che un escamotage per dare valore
retroattivo a una legge tributaria si riesce a trovare).
Poiché la maggior parte delle norme tributarie sono emanate sotto forma di
decreti legge o decreti delegati, la disposizione dello statuto del
contribuente citata esclude che con tali decreti si possano emanare norme
interpretative, che sono riservate solo alla legge ordinaria.
Post by R.L. Deboni
Almeno nella mia provincia, l'atteggiamento dei funzionari nell'ultimo
decennio e' diverso, più collaborativo, cercano una soluzione dei
problemi quando si presentano e non il pelo sull'uovo (come invece
accadeva una volta).
"anche in contabilità ordinaria c'è la necessità di adeguarsi agli studi
di settore, salvo fornire una prova, DIFFICILISSIMA ..."
La parola difficilissima non sta nelle leggi, esprime un'opinione mia; che
mi sembra molto realistica, però!
Post by R.L. Deboni
possono qualificarsi come puro terrorismo fiscale.
Qui prodest ?
Si dice "Cui prodest".
Luciano
2007-02-18 22:25:48 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
Non inventiamoci storie. Esiste ancora in Italia la legge. O no ?
Dal sito http://www.agenziaentrate.it
passando successivamente alle sezioni "Strumenti - Studi di Settore - Guida
agli studi di settore"
si può leggere un'ampia e chiara spiegazione.
Da questa traggo, al paragrafo
"Gli studi come procedura di accertamento":

<Il comma 2 dell'art. 37, del decreto legge del 4 luglio 2006, n. 223
convertito dalla legge 4 agosto 2006 n. 248, ha disposto l'abrogazione dei
commi 2 e 3 dell'art. 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che reca
disposizioni in materia di accertamento sulla base degli studi di settore.
Tali modifiche rappresentano un significativo momento di svolta incidendo
profondamente sulle norme di riferimento.

Con l'abrogazione delle norme citate, il legislatore ha disposto l'
applicazione generalizzata dell'accertamento sulla base degli studi di
settore rimuovendo definitivamente, ai fini della predetta attività
accertatrice, le distinzioni esistenti tra i soggetti esercenti attività di
impresa in regime di contabilità semplificata e i soggetti in regime di
contabilità ordinaria, anche per opzione. Con la nuova disciplina, tutti i
soggetti con volume d'affari fino a 5.164.569 euro, per i quali siano stati
approvati gli studi di settore e per i quali non ricorrano cause di
esclusione o di inapplicabilità, sono direttamente accertabili, sulla base
delle risultanze dell'applicazione degli studi di settore stessi, se hanno
dichiarato, nel singolo periodo d'imposta oggetto di controllo, un ammontare
di ricavi o compensi inferiore a quelli determinati attraverso Gerico. Gli
uffici, pertanto, potranno emettere un atto di accertamento basato sugli
studi di settore senza dover appurare che per il contribuente si siano
verificate le condizioni dei due periodi di imposta su tre ovvero della
contabilità inattendibile o, infine, se si palesi una significativa
situazione di incoerenza sulla base degli indicatori riferiti alla
previgente normativa.

Si ricorda che detta abrogazione opera a partire dal periodo d'imposta per
il quale il termine di presentazione della dichiarazione scade
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto ovvero già a
decorrere dal periodo d'imposta 2005. >

In pratica è avvenuta anche un'applicazione retroattiva!

Più avanti, sempre nello stesso paragrafo, si legge:

< Con l'art. 62-sexies, comma 3, dello stesso D.L. n. 331 del 1993 è stato
previsto che gli accertamenti basati sugli studi di settore sono
accertamenti di tipo analitico presuntivo ai sensi dell'articolo 39, primo
comma, lett. d) del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell'art. 54 del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633. Ai sensi del predetto articolo 62-sexies,
infatti, "Gli accertamenti di cui agli articoli 39, primo comma, lettera d),
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e
successive modificazioni, e 54 del decreto del Presidente della Repubblica
26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, possono essere fondati
anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i
corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle
caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività
svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'articolo
62-bis del presente decreto". Le disposizioni in argomento furono emanate
prima che fosse definita la metodologia usata per la elaborazione degli
studi di settore e la normativa di dettaglio per la applicazione degli studi
in sede di accertamento.>

Insomma l'incongruenza del contribuente, anche se non accompagnata da alcun
indizio di inattendibilità nella contabilità, è motivazione sufficiente per
un accertamento. Dal 2006 la conguenza è prescritta per tutti gli anni e per
tutti i contribuenti in contabilità ordinaria, naturale o opzionata.

Insomma, caro R.L.Deboni, le leggi sono queste. E tutta la filippica che
segue è uno sproloquio inutile, oltre che male informato.
Post by R.L. Deboni
La contabilita' ordinaria non e' qualcosa che l'amministrazione fiscale
puo' interpretare o distorcere. La contabilita' ordinaria vale di fronte
al giudice salvo prova contraria. E se la guardia di finanza non trova
prova contraria, gli studi di settore se li possono mettere in quel posto.
Altra cosa, se lei vuole dire che l'amministrazione pubblica usa i
criteri degli studi di settore per decidere se esercitare la
persecuzione di controlli ripetuti. Ma a questo poi c'e' le possibilita'
di rivolgersi alla magistratura per far terminare l'ostinazione
persecutoria oltre ogni limite di certi funzionari.
Non pensi che solo perche' lei e' abituato a trattare con evasori, che
tutti lo siano. Al di fuori della contabilita' ordinaria si e' nelle
mani dell'amministrazione pubblica, perche' tutte le deroghe alla tenuta
dettagliata di entrate ed uscite per calcolare l'effettivo reddito sono
per forza una specie di patto con il diavolo.
Ma non mi dica che in questo paese siamo arrivati al punto che anche la
magistratura non tutela piu' chi documenta dettagliatamente e
minuziosamente lo stato della propria attivita' !!! Personalmente, in
dieci anni di contabilita' ordinaria non ho mai avuto problemi, eppure
ho avuto svariati anni CONSECUTIVI in perdita. Come la mettiamo con gli
studi di settore in questo caso ? In teoria se si e' in perdita, si
dovrebbe essere evasori ? E' questo che intende dire ?
Prova difficilissima ? Queste sono le fatture di acquisto, queste sono
le fatture di vendita, queste sono le spese, etc. Quale prova
difficilissima ? Ma che siamo impazziti ?
Giustificare l'incapacita' dei commerciali ?
Giustificare gli sprechi dell'ufficio acquisti ?
Giustificare la difficolta' ad ottenere prezzi adeguati ?
Giustificare imprevisti aumenti delle materie prime ?
Giustificare errori di progettazione, sottovalutazione degli oneri
accessori, troppi resi in garanzia ?
Giustificara anche la banale sfortuna (ha il suo peso sul successo o
meno, specie in settori ove c'e' un'alta concorrenza, conoscere una
persona giusta puo' fare la differenza tra l'inedia ed uno sviluppo
vigoroso) ? (*)
Ma mi faccia il piacere.
Io quando vado negli uffici, ci vado a testa alta, perche' rispetto la
legge e percio' pretendo che si rispetti la legge, ovvero i miei
diritti. Solo gli evasori hanno da temere i controlli fiscali, non chi
tiene una regolare contabilita' ordinaria, indipendentemente dal
risultato economico dell'attivita'.
C'e' una tale voglia di imporre esami, concorsi, etc in questo paese, da
intendere gli studi di settore come una specie di esame con eventuale
condanna a morte di una attivita' economica. O parafrasando il
significato delle affermazioni di certi individui (che per me sono
loschi nella loro poverta' morale): se il titolare non guadagna di piu'
dei suoi operai, l'attivita' deve cessare ? E mi fermo qui, perche' la
logica di questa mentalita' e' disgustosa, legata solo alla ricerca di
un benessere materiale, priva e nemica di ogni ricerca di soddisfazioni
personali, di crescita intellettuale e morale, di aiuto verso chi non e'
capace, ...
Mi domando come mai i commercialisti in Italia ci tengono cosi' tanto a
tenere i loro clienti alla larga dalla contabilita' ordinaria che mi
pare, invece, in altri paesi, e' considerata diversamente ?
Perche' ho il forte sospetto che ci sia una combutta tra commercialisti
e fisco perche' con la contabilita' ordinaria la maggior parte di
artigiani e commercianti scoprirebbero che non avrebbero bisogno di
evadere per soppravvivere ? Che dovrebbero semplicemente raccogliere in
modo certosino tutte le pezze giustificative per quadrare i conti ?
R.L.Deboni
R.L. Deboni
2007-02-19 00:10:29 UTC
Permalink
La parole chiave e' "accertamento" che non implica "sanzione".

E dato il valore giuridico di prova degli elementi di contabilita'
ordinaria, chi non a nulla da nascondere, non ha nulla da temere.

In ogni osservo che tutto quello che ha riportato, di cui peraltro non
ho inteso la fonte (chi ha scritto il commento ?), fa strame dello
Statuto del Contribuente.

R.L.Deboni

Luciano wrote:

...snip...
Post by Luciano
Insomma l'incongruenza del contribuente, anche se non accompagnata da alcun
indizio di inattendibilità nella contabilità, è motivazione sufficiente per
un accertamento. Dal 2006 la conguenza è prescritta per tutti gli anni e per
tutti i contribuenti in contabilità ordinaria, naturale o opzionata.
Insomma, caro R.L.Deboni, le leggi sono queste. E tutta la filippica che
segue è uno sproloquio inutile, oltre che male informato.
Luciano
2007-02-19 11:16:04 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
La parole chiave e' "accertamento" che non implica "sanzione".
Accertamento non significa sanzione, però significa come minimo la grande
seccatura del ricorso.
Post by R.L. Deboni
E dato il valore giuridico di prova degli elementi di contabilita'
ordinaria, chi non a nulla da nascondere, non ha nulla da temere.
L'accertamento motivato con l'incongruenza con gli studi di settore è
considerata motivazione sufficiente.
A questo punto c'è l'inversione dell'onere della prova; deve essere il
contribuente a dimostrare che, nella sua situazione particolare, il
risultato dello studio di settore non corrisponde alla realtà.
Tenuto conto che:
1- in un processo tributario non sono ammesse prove testimoniali;
2- la contabilità, tenuta col massimo scrupolo, non è ritenuta prova
sufficiente a smontare la motivazione basata sullo studio di settore;
la prova da fornire per vincere il ricorso è veramente difficilissima.
Post by R.L. Deboni
In ogni osservo che tutto quello che ha riportato, di cui peraltro non
ho inteso la fonte (chi ha scritto il commento ?),
È sul sito dell'agenzia delle entrate. L'autore è ignoto, ma certemente
riflette il pensiero e la prassi del ministero, e di tutti i funzionari che
si occupano di accertamenti.
Post by R.L. Deboni
fa strame dello
Statuto del Contribuente.
Questa è un'opinione legittima, su cui non è difficile concordare.
R.L. Deboni
2007-02-19 15:55:38 UTC
Permalink
Post by Luciano
L'accertamento motivato con l'incongruenza con gli studi di settore è
considerata motivazione sufficiente.
A questo punto c'è l'inversione dell'onere della prova; deve essere il
contribuente a dimostrare che, nella sua situazione particolare, il
risultato dello studio di settore non corrisponde alla realtà.
1- in un processo tributario non sono ammesse prove testimoniali;
2- la contabilità, tenuta col massimo scrupolo, non è ritenuta prova
sufficiente a smontare la motivazione basata sullo studio di settore;
la prova da fornire per vincere il ricorso è veramente difficilissima.
Io non pensavo al ricorso tributario, che a quante dice e' una farsa non
diversa dai processi di tipo sovietico. Io intendevo fare causa allo
Stato tramite la magistratura ordinaria. Ma perdiana, esistono ancora il
Diritto in Italia ? Rovesciare l'onere della prova, ma che siamo
impazziti ? Non fatemi dire che impulsi mi suggeriscono le cose che dice
se fossero vere. Se l'amministrazione pubblica pensa di mantenere il
controllo usando la forza della "mano militare" di cui e' dotato lo
Stato, invece del consenso collettivo, prendiamo una brutta strada.

Ma io credo che lei e' rimasto a prima dello Statuto del Contribuente.
Infatti quello che dice viola un paio degli articoli che ho riportato.
Post by Luciano
È sul sito dell'agenzia delle entrate. L'autore è ignoto, ma certemente
riflette il pensiero e la prassi del ministero, e di tutti i funzionari che
si occupano di accertamenti.
Autore ignoto, significa che nessuno si prende la responsabilita' di
firmarlo. E questo mi pare un buon segno. Inoltre che data ha ?

R.L.Deboni
Luciano
2007-02-19 17:02:37 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
Post by Luciano
L'accertamento motivato con l'incongruenza con gli studi di settore è
considerata motivazione sufficiente.
A questo punto c'è l'inversione dell'onere della prova; deve essere il
contribuente a dimostrare che, nella sua situazione particolare, il
risultato dello studio di settore non corrisponde alla realtà.
1- in un processo tributario non sono ammesse prove testimoniali;
2- la contabilità, tenuta col massimo scrupolo, non è ritenuta prova
sufficiente a smontare la motivazione basata sullo studio di settore;
la prova da fornire per vincere il ricorso è veramente difficilissima.
Io non pensavo al ricorso tributario, che a quante dice e' una farsa non
diversa dai processi di tipo sovietico. Io intendevo fare causa allo
Stato tramite la magistratura ordinaria.
Contro un accertamento tributario si può fare ricorso solo a una commissione
tributaria. Se non si ricorre, la sanzione applicata e la maggiore imposta
accertata diventa definitiva.
Comunque la commissione tributaria è un organo giurisdizionale. I magistrati
tributari hanno (più o meno) le stesse prerogative di indipendenza che ha la
magistratura civile penale e amministrativa.
Post by R.L. Deboni
Ma perdiana, esistono ancora il
Diritto in Italia ? Rovesciare l'onere della prova, ma che siamo
impazziti ? Non fatemi dire che impulsi mi suggeriscono le cose che dice
se fossero vere.
Sono vere. Puoi mettere il cuore in pace.
Post by R.L. Deboni
Se l'amministrazione pubblica pensa di mantenere il
controllo usando la forza della "mano militare" di cui e' dotato lo
Stato, invece del consenso collettivo, prendiamo una brutta strada.
Ma io credo che lei e' rimasto a prima dello Statuto del Contribuente.
Infatti quello che dice viola un paio degli articoli che ho riportato.
Purtroppo no. Il testo che ho letto è aggiornato; in particolare le
citazioni che ho fatto tengono conto delle modifiche al sistema di
accertamento introdotte dal decreto Bersani Visco (quello dei taxi, tanto
per intenderci).
Post by R.L. Deboni
Post by Luciano
È sul sito dell'agenzia delle entrate. L'autore è ignoto, ma certamente
riflette il pensiero e la prassi del ministero, e di tutti i funzionari che
si occupano di accertamenti.
Autore ignoto, significa che nessuno si prende la responsabilità di
firmarlo. E questo mi pare un buon segno. Inoltre che data ha ?
Se contiene riferimenti al decreto Bersani Visco, e alla successiva legge di
conversione, vuol dire che è aggiornato. Sarebbe grave se il ministero
diffondesse sul suo sito informazioni non aderenti alle leggi vigenti, anche
alle più recenti.
Luciano
2007-02-18 22:48:52 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
Mi domando come mai i commercialisti in Italia ci tengono cosi' tanto a
tenere i loro clienti alla larga dalla contabilita' ordinaria che mi
pare, invece, in altri paesi, e' considerata diversamente ?
Perche' ho il forte sospetto che ci sia una combutta tra commercialisti
e fisco perche' con la contabilita' ordinaria la maggior parte di
artigiani e commercianti scoprirebbero che non avrebbero bisogno di
evadere per soppravvivere ? Che dovrebbero semplicemente raccogliere in
modo certosino tutte le pezze giustificative per quadrare i conti ?
La mia esperienza è diversa. I commercialisti spingono per la contabilità
ordinaria, che d'altronde fino a pochi anni fa metteva un po' al riparo
dagli studi di settore (congruenza solo in due anni su tre)
R.L. Deboni
2007-02-19 00:12:41 UTC
Permalink
Riassumendo, per i commercialisti, mancanza della congruenza =
accertamento = sanzione ?

Quelli della LIFE mi diventano sempre piu' simpatici perche' se quanto
scrive e' vero si possono definire eroici.

R.L.Deboni
Post by Luciano
La mia esperienza è diversa. I commercialisti spingono per la contabilità
ordinaria, che d'altronde fino a pochi anni fa metteva un po' al riparo
dagli studi di settore (congruenza solo in due anni su tre)
Luciano
2007-02-19 11:20:05 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
Riassumendo, per i commercialisti, mancanza della congruenza =
accertamento = sanzione ?
I commercialisti spingono per l'adeguamento, perché sanno che contrastare in
giudizio un accertamento basato sugli studi di settore è difficile. E in
caso di insuccesso temono di perdere la stima del cliente.
Per motivi analoghi spingono a fare i condoni.
Post by R.L. Deboni
Quelli della LIFE mi diventano sempre piu' simpatici perche' se quanto
scrive e' vero si possono definire eroici.
Post by Luciano
La mia esperienza è diversa. I commercialisti spingono per la contabilità
ordinaria, che d'altronde fino a pochi anni fa metteva un po' al riparo
dagli studi di settore (congruenza solo in due anni su tre)
R.L. Deboni
2007-02-19 16:43:40 UTC
Permalink
Immorale.
E la parola che riassume tutti i miei sentimenti sull'approccio.

E antideontologico. Il commercialista NON DEVE spingere. Deve informare
al meglio il cliente delle varie opzioni e dei rischi che corre
(specialmente della "scomparsa" di rischi passati). E lasciare la scelta
al cliente.
Conosco molti che pur di vedere trionfare la legge e la giustizia, sono
disposti ad affrontare anche un certo livello di "rogne" e non calare
sempre le brache. E questi sono persone oneste. Ma ovviamente se il
commercialista fa terrorismo psicologico, avendo un lavoratore autonomo,
una attivita' da gestire, il problema dei clienti che non pagano, dei
dipendenti che non lavorano, dei problemi del lavoro, etc., rinuncia e
manda giu', perche' gli viene prospettato l'inferno tributario.
In un certo senso il tipo di commercialista che descrive e' il
mercenario fiancheggiatore delle truppe di occupazione statalista di un
certo modo borbonico di concepire lo Stato.

E' meridionale ?

R.L.Deboni
Post by Luciano
I commercialisti spingono per l'adeguamento, perché sanno che contrastare in
giudizio un accertamento basato sugli studi di settore è difficile. E in
caso di insuccesso temono di perdere la stima del cliente.
Per motivi analoghi spingono a fare i condoni.
Luciano
2007-02-19 18:27:24 UTC
Permalink
Post by R.L. Deboni
In un certo senso il tipo di commercialista che descrive e' il
mercenario fiancheggiatore delle truppe di occupazione statalista di un
certo modo borbonico di concepire lo Stato.
E' meridionale ?
Ho un'esperienza piuttosto vasta di tutta l'Italia, parte diretta, parte
trasmessami da amici e parenti. Ho potuto constatare che la pubblica
amministrazione è molto cambiata negli ultimi anni, soprattutto nel senso di
buona educazione e di maniera di trattare gli utenti.
Un ente che ha avuto i cambiamenti più radicali è l'INPS. So per certo che è
diventato un modello di gentilezza e professionalità anche l'ufficio
pubblico dove più imperante era la maleducazione e il menefreghismo: il
comune di Napoli (forse un residuo borbonico?).
Quanto alla domanda se sono meridionale non rispondo. Mi sono ripromesso di
non dire nulla della mia vita privata sul ng, e il motivo è che è
frequentato da troppi maleducati. Se dicessi qualche cosa, certamente ci
sarebbe qualcuno pronto a prendermi in giro. E se parlassi di mia moglie,
prenderebbe in giro anche lei.
Immagina che un giorno c'è stato uno che, non trovando miglior argomento per
polemizzare con me, mi ha accusato di ..... non ridete, di non saper
ballare!
È uno dei più assidui, e intellettualmente non è neanche dei peggiori!
R.L. Deboni
2007-02-19 22:29:35 UTC
Permalink
Touche'.
Chiedo scusa della domanda.

R.L.Deboni
Post by Luciano
Quanto alla domanda se sono meridionale non rispondo. Mi sono ripromesso di
non dire nulla della mia vita privata sul ng,
Matteo
2007-02-20 07:39:36 UTC
Permalink
Post by Luciano
Quanto alla domanda se sono meridionale non rispondo.
fto
Luciano ***@alice.it

Ingenuo.
http://www.gens.labo.net/it/cognomi/genera.html
cercare buonaiuto e usare il calcolo delle probabilità.

Leonardo Broseghini
2007-02-17 11:42:17 UTC
Permalink
Post by Sah
Il contrasto di interessi: nessuna formula magica per l?evasione fiscale
L'equivoco di fondo, che porta regolarmente a considerare il conflitto
d'interessi (o altri similari), come strumenti atti a combattere l'evasione,
è dovuto al fatto che erroneamente non si considera che inevitabilmente
quando un'imposta grava su di una transazione economico/finanziaria, sarà
interesse di entrambe le parti evaderla. Da noi si considera invece che sia
solo il venditore a dover sopportare il peso delle imposte, e questo porta a
cercare soluzioni che favoriscano la trasformazione dell'acquirente in
controllore per parte dello Stato. Arrivando così al paradosso di dover
considerare l'acquirente controllore dell'applicazione anche di un'imposta
come l'IVA che, almeno nominalmente, graverebbe su lui stesso.
Come dicevo invece la tassazione grava in maniera solidale sia
sull'acquirente che sul venditore: comunque questa venga formalizzata, alla
fine si tradurrà inevitabilmente in un maggior costo per l'acquirente, ed in
un minor incasso per il venditore.
Non è allora possibile introdurre un conflitto d'interessi in una situazione
in cui gli interessi al contrario convergono.

Saluti, Leo
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